Ricordate sempre che il vostro artista è un bambino; trovarlo e proteggerlo, concedendo a voi stessi il permesso di creare, è come imparare a camminare. Inizialmente si gattona, seguiranno i primi passi e non mancheranno le cadute: quadri che sembrano prove di colori, film che paiono immagini di una telecamera lasciata accesa per errore, prime poesie che non sono neppure all'altezza di un bigliettino di auguri. Tipicamente, l'artista-ombra in convalescenza continuerà a valutare questi tentativi come segni decisivi per scoraggiare ulteriori esplorazioni. Giudicare i vostri primi tentativi creativi equivale a "violentare" l'artista che è in voi.
da "La via dell’artista" di Julia Cameron
Questo è un estratto di un libro particolarmente ispiratore “La via dell'artista”, un testo che racconta del nostro censore interiore e dell'importanza di essere indulgenti con noi stessi, di darci tempo, di accettarci, avere fiducia in noi e credere che in ogni momento stiamo facendo del nostro meglio.
Credo che un poco di autoanalisi non sia dannosa, ma diverso è avere perennemente l'occhio critico puntato solo sul negativo, incapaci di accettazione, pretendendo troppo da sé e dal proprio “bambino-artista“ nel suo cammino di crescita. Neanche io posso dire di esser sempre stata immune da tutto questo. Purtroppo il censore interiore distruttivo e divorante pare sia vecchio come il mondo o quasi. Del resto lo possiamo ritrovare simbolicamente già nella storia antica: rifacendoci ai miti dell'antica Grecia possiamo menzionare, ad esempio, Urano e Crono, i due padri, il primo che non permetteva ai propri figli di nascere, il secondo che li divorava. E possiamo intuire che simbolicamente il bambino è proprio metafora delle possibilità di scoperta, della creatività, della sensorialità e delle capacità intuitive che, in qualche modo, possono essere collegate alle caratteristiche del nostro emisfero destro del cervello. Tutte queste qualità positive e istintive vivono sotto la minaccia costante del censore che è in noi e che cerca di divorare il nostro lato bambino.
Ci hanno insegnato la non fiducia, a sottolineare il dettaglio negativo senza aiutarci ad accettarlo, a dividere in modo categorico il bello dal brutto, il giusto dall'ingiusto, il buono e accettabile dal peccaminoso e vergognoso.
La sopravvivenza in questo bellissimo pianeta è garantita dal fatto che è abitato da specie diverse e che ognuna è utile all'ecosistema generale, quindi questo, io credo, non può che essere valido anche in campo musicale: ogni musicista, ogni essere umano, ha un suo dono da portare al prossimo, con le sue particolari caratteristiche così come ogni cantante ha la sua particolare voce. Tra i miei allievi trovo chi ha iscritto nell'istinto l'urlo, il belting, chi invece naturalmente cantando si sente a suo agio “girando la voce” nel registro di testa.
Io credo che un buon insegnante stimoli l'allievo verso la ricerca di nuove possibilità vocali e di un equilibrio armonioso nell'emissione nel rispetto delle caratteristiche innate di ognuno. Eppure ci hanno insegnato a omologarci per rispondere a un modello di irrealistica perfezione a scapito dell'autenticità e, anche se siamo in un periodo storico di apparente libertà, dietro alla trasgressione delle regole, vive ancora nascosto ma svariate volte sovrano, lo spirito distruttivo del padre divorante. E questo lo possiamo notare nella severità con cui ci giudichiamo auto punendoci con aspettative irrealistiche verso noi stessi.
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